- HOUSSON, LIBANO - Affresco "Le Luci di Don Bosco"
Raffaele Gerardi ha deciso di donare un dipinto, una sua particolare interpretazione illustrata della figura di Don Bosco, alla Chiesa di Hossoun in Libano.
Un dipinto murale che svela e racconta per immagini la profondità della missione pastorale del Padre fondatore dei Salesiani.
- AMMAN, GIORDANIA - Asta di beneficenza - Performance di pittura
Giordania e Italia insieme. In nome dell'arte, della storia e della cultura per un volo ideale che porterà lontano...
- DOVE IL FIUME INCONTRA IL MARE - GABICCE (PU)
- 10x10 SILESTONE - Pesaro
Naquda Arredamenti ospita una colorata esposizione quale esperimento di gioco, di apertura e confronto tra i confini rigorosi ed infiniti di una “tavolozza” Silestone da 10x10.
“Un modo per stemperare le tensioni professionali ed abbandonarsi ad un divertimento creativo.”
Luca Storoni Presidente dell’Ordine degli Architetti di Pesaro e Urbino
Raffaele Gerardi
- DIVERSI E DIVISI - Napoli, Roma, Ancona, Torino, New York
- L'albero del mare - Gabicce (PU)
- The Odyssey whitin - New York City
L’artista italiano Raffaele Gerardi vede la pittura come elemento essenziale nella sua vita, sentendola erotica e misteriosa come il vento. La sua curiosità per la vita umana - soprattutto per il ruolo della donna come figura madre - è dominante. Molte delle opere del sig. Gerardi trasmettono l’effetto del tempo e la sua percezione dello stesso. Lo spettatore rimane con la propria risposta per il controllo della gestazione, o per la sensazione della perdita derivante dalle misurazioni del tempo.
Raffaele Gerardi ha esposto ampiamente in tutta Italia negli ultimi tredici anni, e le sue opere sono stati esibiti con prominenza anche in Francia, Monte Carlo e Libano. Gallerie di Chicago, Newport Beach e New York hanno ospitato i dipinti del sig. Gerardi dal 1996. La tecnica distintiva di Raffaele Gerardi comprende una gamma di colori senza compromessi, un simbolismo provocante e l’uso di materie miste su carta. È invece la sua reazione alla pienezza della vita attraverso una levità drammatica che si sprigiona, garantendo che i suoi dipinti non mancheranno mai ad intrigarci.
- DISEGNI E ISTANTANEE DAL LIBANO - Italia
Esposizione itinerante in Italia 2005-2006
Disegni e fotografie realizzati da Raffaele Gerardi.
SUD DOPO SUD
Sguardo italiano oltre un velo di speranza.
In occasione delle esposizioni verrà presentato il libro “Sud dopo Sud”, di Nello Rega, giornalista Rai.
- DISEGNI E ISTANTANEE DALL’IRAQ - Italia
Esposizione itinerante in Italia 2003-2004
Disegni realizzati da Raffaele Gerardi.
Fotografie a cura del Nucleo Cinefoto dello Stato Maggiore dell’Esercito.
A SUD DI BAGDAD
Diario di un viaggio italiano in Iraq.
In occasione delle esposizioni verrà presentato il libro “A Sud di Bagdad”, di Nello Rega, giornalista Rai.
- NUVOLE DI MARE - MAREMITO - Venezia
Fra tutti i mari, l’Adriatico è quello che intrattiene relazioni più strette con la terra: sarà per le paludi del delta, per le lagune, per le spiagge interminabili... per questo accade a chi frequenta questo mare, dolce d’acqua e di luci, di intendere la vita come uno stare sulla riva, ai margini di una spiaggia. Ci sono luoghi, in riva a questo mare, dove il mondo appare come una superficie inesauribile, indifferenziata: succede allora - ed è un fenomeno noto agli abitanti di regioni desertiche e perfino ai piloti di aereo, oltre naturalmente ai naviganti - che il visibile si presenti come uno stacco, una scheggia di alterità, un’immagine.
Il lavoro di Gerardi presenta appunto una serie di queste immagini, fluttuanti in forma di nuvole: a chi non è successo di “vedere” nelle nuvole? La percezione individuale oscilla sulla distesa azzurra e individua frammenti di storie: se è vero che Aristotele diceva “l’anima è come una mano” sarà la mano dell’artista a cogliere le immagini per incanalarle nel flusso del pensiero visivo. Le immagini delle nuvole di mare di Gerardi insistono su una femminilità materna e generatrice, su uno stato esistenziale fluido e vorticoso in cui si colgono distinzioni cromatiche e figurali: sul fondo vaporoso si ingorgano colori di terra che esibiscono la pasta di cui è fatta l’umanità, rossi e bruni e semi di forme come quella di una barchetta o quella, ricorrente, di un ostinato bastoncino nero.
Bianca Tosatti
- TEMPO - Rimini
In Raffaele Gerardi spesso “l’embrione” funge da veicolo per una figura - talvolta - enigmatica, insistentemente archetipa, emblema di umanità - che si rivela improvvisa, come un caso, un bagliore, un accadimento imprevisto ed imprevedibile sulla superfice da lui agita.
Ma non fermata da un “graffio”, da una linea spezzata, quanto piuttosto “frenata”, raccolta dal percorso di una curva che al di là del “qui e ora” - dell’apparizione, appunto - continua, potrà allontanarsi, perdersi, ritornare. Mai raccontarsi del tutto.
Ombre, fugaci parvenze, fotogrammi di un infinito racconto, sono queste immagini: smontate, isolate, riassemblate, reinventate; prestiti rubati dalla forma che avviene o dai sedimenti della memoria. Minacciose, a volte, come possono esserlo i presagi o gli ammonimenti; esplosive, quasi sempre, come avviene - sempre - nell’audacia di qualsiasi inizio: sia narrazione o immagine, stato d’animo, coscienza o azione.
Laura Medici
- ANGELI COME LUCCIOLE - New York City
Nessuna immagine, come quella dell’angelo, ha conosciuto negli ultimi anni tanto improvviso successo, dopo anni di oblio.
Un’ immagine che si è però rapidamente moltiplicata e commercializzata in maniera tale da perdere quasi completamente il fascino misterioso e puramente spirituale che le sarebbe connaturale.
Gli angeli di Gerardi sono lontanissimi dalle oleografie ottocentesche o dai putti rinascimentali che più spesso associamo alle creature celesti. Forse chagalliani i parenti più prossimi di queste creature, sono angeli metropolitani, presenze della notte con una luce che gli brilla dentro, un alone di luce fosforescente come quella delle lucciole alle quali Gerardi li associa.
L’immagine dell’angelo, la suprema intelligenza divina comune a quasi tutte le grandi religioni assume l’aspetto quasi familiare delle lucciole che animano la campagna emiliana, dove vive Gerardi. Le lucciole, come gli angeli stupiscono, incantano, con un fascino misterioso che la pittura di Gerardi trasmette e amplifica.
Stefano Albertini - NY University
- VOLUTION, New York City
Attorcigliarsi, stare dentro.
Nel dentro... delle cose.
All’interno di armonie danzanti cerco vento.
La madre da sempre accoglie il cuore della sua anima e il suo doppiocreato attorcigliando il dubbio dei destini.
Attorcigliato per trasportare sentimenti al centro, accoglierli nel vortice e darli al figlio.
Attorcigliato ad occhi chiusi scrivo anime al vento, al vento dei capelli attorcigliati con sforzo dai canti e dalle danze.
Stare sotto attorcigliato alla gola.
Desiderio di una testaluce per leggere ciò che esiste nel dentro, al centro e con sforzo mi attorciglio a stringere una intuizione che mi sfugge
sempre e mi cammina davanti.
Un bambino d’istinto che sconfina nelle età.
Aggiungo al dentro un vuoto, una paura che mi fa compagnia come una coda attorcigliata che mi porto sempre dietro.
Raffaele Gerardi, New York 1998
- DI NOTTE, DI SOGNI, DI...SEGNI, Bologna
Una notte rimase chiuso dentro...
...perché si era assopito appoggiato allo stipite del
vano-bagno.
Svegliatosi, orinò, come doveva fare quand’era
sceso ad aspettare che qualcun altro lo liberasse,
il bagno.
Poi risalì e con un filo d’angoscia misto a stupore
s’accorse che non c’erano più voci, ne risa, non c’era
più musica, ne la cassa sputava più scontrini, non
c’era il padrone. Non c’era rumore, solo luci riflesse
da fuori. La porta era chiusa, la serranda abbassata.
Rimase in attesa. E fu il luogo, da sè, che si mise a
parlare.
Parlavano i muri con l’eco di voci sospese. C’erano
occhi intorno che lanciavano sguardi. Sentiva
presenze e profumi.
Galleggiavano a mezz’aria i sentimenti più spessi,
come vuoti a perdere, poi parole non dette, lacrime
rimaste su tovaglie di carta, frasi fatte, sbadigli
accoppiati a spirali di fumo. Rumori di piatti, di sughi
di carne, musiche di sottofondo e rossetto sbavato,
quello sui bicchieri.
Ascoltava passando le dita sopra i tavoli e sui muri
per sentirne l’umore. Prese i colori dalla borsa di
skai. E cominciò a lavorare compreso nel gesto
che mutava lo spazio, lasciando impronte che
deformavano l’ambiente.
Il luogo narrava la sua memoria, lì al crocevia di
due strade. All’incrocio tra la notte e il giorno era
un tempo mancante, sospeso al giudizio. I volti si
profilavano da sè, mentre lui era soltanto un mezzo.
Dava sfogo, trovava una via per il segno che navigava
veloce, come sotto la città scorre l’acqua dei canali
segreti, quelli che sembrano fiumi quando piove più
forte.
Apriva l’orecchio e tendeva il suo cuore per ricevere
meglio. Lasciava che parlassero tutti in quella lingua
senza parole, senza saluti nè convenevoli. Erano
anime giovani di passaggio, erano grida di fuga
dopo uno sparo, notti ubriache e pensieri leggeri.
Erano anime antiche che da li non erano mai ripartite,
erano sorrisi che scoprono i denti, ed altre smorfie
strane, erano risate cristalline.
Finì i colori che faceva giorno.
Fabrizio Poli
- SILENTLY - New York City
Oltre il titolo, “Silenzionsamente” è un’attitudine.
Espressa nel dipanarsi dei forti paesaggi della città più intima. Visioni che ci toccano per la trascinante forza emotiva, ma che invitano al silenzio,
all’ascolto del lavoro o della supernatura che ci racchiude.
Fuori il gran vociare di luoghi, segni colori, convenzioni e spazi. Dentro, il silenzio. Prende forza e urto un’assenza: la serenità. O forse i nostri sensi
misurano valori e ragioni, si guardano allo specchio. Perché niente dura, neppure i pensieri dentro noi.
Il silenzio è guardare il tempo, per sorprendere la nostra anima.
Giorgio Di Tullio
- CIECHI, Fano
Per alcuni disegni di Raffaele Gerardi.
E’ un’ossessione vorace, ultimativa, quella che guida le mani di Raffaele Gerardi su questi fogli, l’ossessione non contrattabile del vedere e del
raccontar vedendo, senza per questo rinunciare al paradosso di una cecità posta come condizione primaria al fare, all’agire artistico. Poiché d’una
cecità, questi fogli parlano, dell’impossibilità del percepire quotidiano, dell’affollamento delle visioni al di sopra degli eventi, dei motivi oscuri che
regolano le trasfigurazioni dei volti e dei gesti.
Della cecità di chi guarda, forse.
Pochi segni, sul foglio, chiari, evidenti al limite dell’elementarietà, di una voluta maleducazione: non si perde Gerardi, in specificazioni, postille e
abbellimenti; una pratica lunga ha reso il suo tratto essenziale, mirato subito allo scopo, all’immagine e alla sua possibilità di comunicare.
Nascono, allora, volti e figure, animali e spazi, ed eventi, soprattutto, digressioni rapide dal nucleo centrale, parentesi del senso, sospensioni del
significato, piccoli incidenti ricchi d’importanza. Fluttuano, a volte, sulla pagina, interi corpi o particolari anatomici; si rifugiano in nicchie o vengono
travolti dai refoli del colore, quei rossi aranci e neri scagliati sulla superficie come se provenissero da una terra sconosciuta, presenze allarmanti
o rassicuranti appoggi al sogno.
Il sogno d’un entomologo inquieto, d’un enciclopedista ai limiti della follia, che ha scoperto l’inutilità delle sue classificazioni e pure continua in
quell’operazione di scandaglio di tutto il visibile, ma senza più certezze, con solo la mente a far da guida, a proporre visioni su visioni, non più
verificabili ma altrettanto vere, e forse più: da qui nascono i brani più acidi di Gerardi, quelli che meno concedono al rassicurante meccanismo del
riconoscimento; da qui, anche, quel sottofondo ghignante, aspro, che permea l’intera serie di disegni del volume odierno, un sottile richiamo di
Gerardi a quelle poetiche dello humour nero che tanta parte hanno avuto nella storia, recente e non, della cultura visionaria.
Anni, ormai, sono trascorsi dall’esplosione di affetti e individualità che hanno segnato le stagioni penultime dell’arte, anni che oggi paiono troppo
distanti, travolti da altre e diverse sensibilità: eppure, certo non sono venute meno le necessità espressive di quel periodo nelle mani di Raffaele
Gerardi, in quel clima formatosi. Non di precise parentele formali, si tratta qui, ma d’una condizione mentale, d’un bisogno di rapportarsi al mondo
attraverso - e non malgrado - la pittura; il bisogno, ancor più, di dare vita a un mondo, che solo sulla superficie può germinare e diventare vivo,
concreta presenza d’immagine.
Da qui, credo, nasca l’amore di Gerardi per un segno che si faccia a sua volta immagine, traghettatore di sensi e non pretesto formale; questo
dicono le teste mozzate, trasposte via dal corpo da una “pennellata” arancione, questo dicono le imposte cecità dei suoi personaggi, che paiono
alitare sentimento, e stupore, e affetti senza colpa, e cercare verità lontane, probabilmente irraggiungibili. Questo, infine, il paradosso che anima
questi fogli, e ti costringe a prenderne atto, come d’una presenza che non t’attendi nella odierna pacificazione generale del mondo artistico: che
grazia e angoscia esistano ancora, e si provino a convivere, a nervi scoperti, come un cuore pulsante in una landa desolata o, é lo stesso, nel
corpo di un maiale.
Incarnarsi, vero, del segno, e volo altrettanto vero d’una fantasia non ancora omologata: per ciò valgono, oggi, questi disegni.
Walter Guadagnini